Dreamings. L’Arte Aborigena Australiana incontra de Chirico

Un viaggio nell'arte indigena australiana contemporanea

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Dreamings. L’Arte Aborigena Australiana crea un ponte tra un concetto della tradizione indigena australiana – dreaming o dreamtime, il tempo del sogno – e la poetica dechirichiana, relazione particolarmente evidenziata nella sezione dedicata alle opere di Imants Tillers, uno degli artisti più rappresentativi dell’Arte Aborigena attuale. Dreaming per gli aborigeni è quel tempo spirituale precedente alla storia e alla creazione del mondo degli uomini.

La mostra presenta più di 50 opere tra le più interessanti dal punto di vista qualitativo – eseguite prevalentemente in acrilico a partire dagli anni ’90 dai più importanti artisti indigeni australiani contemporanei, esemplificative dei diversi stili e delle varie scuole artistiche delle regioni desertiche centrali e occidentali dell’Australia. Inoltre, in esposizione, anche opere di due artisti indigeni di cultura urbana, Christian Thompson e Judy Watson, che, con stile contemporaneo, affrontano i temi del territorio e dell’identità..

Le opere provengono in gran parte da una delle più rappresentative collezioni private del settore, quella dei francesi Marc Sordello e Francis Missana. Per il Museo Bilotti – nato in occasione  di una donazione privata – è un’opportunità per riaprire il filone di ricerca sul collezionismo di arte contemporanea avviato da anni con diverse mostre già realizzate.

Meno del tre per cento della popolazione australiana è indigena; un gran numero vive nelle zone urbane mentre solo una minoranza è rimasta nella propria terra nativa o nelle vicinanze, in zone scarsamente popolate e remote. La maggior parte dell’arte indigena proviene da questa Australia lontana dando vita ad una cultura ibrida che combina tradizioni indigene e occidentali.

Le opere in mostra possono ascriversi al movimento Western Desert, nato negli anni ‘70, ma solo dai primi anni ’80 collegato con l’arte contemporanea e non più relegato nei musei etnografici. Gli artisti che vi aderiscono sono indigeni provenienti da comunità di una vastissima zona d’Australia (600.000 Kmq) molto poco popolata. Si possono individuare due filoni espressivi principali, quello degli artisti che ancora vivono nelle comunità remote – che dagli anni ’80 in poi sono entrati in contatto con la comunità artistica internazionale, attraverso i libri, le riviste, le visite ai musei e la frequentazione degli artisti occidentali – e quello degli artisti urbani di tradizione indigena, che, pur essendo educati nelle scuole e nelle università, mantengono contatti con la cultura dei nativi. Nell’insieme si tratta comunque di un’arte di affermazione di valori originari e antichi ma che assume anche un valore di barometro del cambiamento del mondo.

L’iniziativa è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura. La cura della mostra è di Ian Mc Lean e Erica Izett. Il primo è Research Professor in Contemporary Art, University of Wollongong, Australia ed autore di numerosi testi sull’arte Indigena Australiana. Fa parte del comitato scientifico delle riviste Third Text e World Art. Erica Izett da anni opera nello stesso settore di ricerca. Mostra prodotta con il Patrocinio dell’Ambasciata d’Australia in Italia ed il sostegno  della Collezione Sordello Missana.